Intelligenza emotiva

L’Intelligenza Emotiva può essere definita come l’abilità di percepire ed esprimere le emozioni, comprendendole e integrandole per permettere e facilitare la crescita personale.

Il primo a prendere in considerazione tale costrutto fu Daniel Goleman, il quale sosteneva come l’Intelligenza Emotiva potesse essere più importante rispetto all’intelligenza cognitiva nel determinare il successo scolastico e lavorativo. Sembrerebbe infatti che ciò che i datori di lavoro ricercano nei propri dipendenti siano proprio le capacità di comprendere le esigenze altrui e di riconoscere come le emozioni influiscano sulle proprie prestazioni (Goleman, 2016).

L’intelligenza emotiva sembrerebbe predire meglio di quella cognitiva il commitment per la propria organizzazione, le ridotte intenzioni di turnover e la soddisfazione per il proprio lavoro (Miao, Humphrey, & Qian, 2016). La relazione che sussiste con la job satisfaction sembra inoltre non subire l’influenza di variabili demografiche quali il genere e l’età (Miao, Humphrey, & Qian, 2017).

Correlazioni significative vengono ritrovate in letteratura anche con la performance lavorativa e con la soddisfazione per la propria vita (Sulaiman & Noor, 2015).

L’Intelligenza Emotiva si basa su tre abilità fondamentali: autoconsapevolezza, autocontrollo ed empatia. Per sviluppare tali abilità e quindi la capacità di usare le emozioni in maniera “intelligente” dobbiamo:

  • porre attenzione ai nostri stati interiori e interrogarci sulla loro natura e origine;
  • accettare le emozioni come parte fondamentale di noi;
  • imparare a riconoscere e bloccare i pensieri illogici e automatici che spesso accompagnano le emozioni;
  • connotare gli eventi come temporanei e dipendenti da cause specifiche;
  • ascoltare gli altri sospendendo il giudizio e l’interpretazione dei messaggi cercando di capire cosa l’altro vuole realmente comunicare;
  • imparare a prestare attenzione al linguaggio non verbale.

 

Angelo Boccato